domenica 9 giugno 2013

Conclusione del blog

Il blog è partito come accompagnamento al corso storia della tecnologia del professore Vittorio Marchis. Ogni alunno ha scelto un argomento principale del blog e in parallelo un libro che facesse da guida per questo corso. Il mio argomento è "armi bianche", e il libro da leggere proposto dal docente è stato "Comma 22" libro molto interessante e coinvolgente che consiglio a tutti. Nel blog, come primo passo, ho postato la copertina e inserito la "trama".
Il passo successivo è stato quello di dare alcune definizioni delle armi bianche, il modo migliore è stato quello di fare un "abecedario", contenente per esempio parti di armi, armi particolari, semplici armi e curiosità su questo argomento. Nel frattempo ho letto il libro, nel mentre lo facevo mi sono segnato le parole e le frasi che si collegavano con l'argomento principale del blog su un foglio. Poi ho cercato una canzone, un quadro e un film che si potessero collegare alle armi bianche e al libro.
Come canzone ho scelto un brano dei Nightwish: "Song of myself" e ho commentato il testo parallelamente a quanto letto e segnato nel libro.
Come quadro ho scelto "La spada di Damocle" bellissimo quadro pieno di significato. Per il film ho optato per "The hunted" un film contenente come arma principale i coltelli.
A questo punto ho analizzato la parola "arma" in tutte le lingue per estrapolarne i ceppi di provenienza e quindi conoscerne il senso stretto del significato della parola, creando una "mappa linguistica".
Per approfondire i sinonimi e le parole che più si avvicinano alle armi bianche, ho creato un post "parole chiave" per capire meglio il mondo di queste se pur pericolose anche meravigliose armi. Arriviamo al punto centrale di questo blog ovvero le armi in se.
Le armi bianche più citate nel romanzo di Heller sono i coltelli per lo più da caccia, cosi ho postato un riassunto su tutti i "coltelli esistenti.
Per completare questo blog ho cercato di analizzare tutti i tipi di armi bianche, spero di non averne tralasciata alcuna. Quelle che ho analizzato sono le seguenti: "spade", con relative "tipologie di spade",  "asce", "lance", "alabarde", "mazze", con relative "tipologie di mazze", "archi", "balestre", con relative "tipologie di balestre", "catapulte" e "trabocchi".Nonostante non avessi mai creato un blog e quindi non avessi alcuna idea relativa all'impostazione di questo tipo di lavoro, ho trovato decisamente coinvolgente e istruttiva la realizzazione di questo blog, in quanto ho avuto la possibilità di apprendere numerevoli nozioni riguardo all'argomento trattato e all'utilizzo del pc.
Spero che questo blog sia stato di vostro gradimento e di aver esaurito la vostra curiosità riguardo l'argomento armi bianche.
Invito calorosamente voi lettori a compilare il sondaggio del blog.
Arrivederci e grazie dell'attenzione.                                                                                                                                                                                                                       Luigi Ritorno

venerdì 7 giugno 2013

Trabocco

Il trabocco (o trabucco) è una macchina d'assedio di grandissime dimensioni. Può essere considerato una sorta di catapulta, limitata però dalle sue dimensioni e dalla posizione fissa. Inoltre rinuncia alla propulsione elastica del proietto per utilizzare invece il principio della leva. Utilizzato esclusivamente negli assedi, era la più grande arma a tiro indiretto a disposizione degli eserciti medioevali. Qui sotto è illustrato un trabocco:

Cenni storici: Si pensa che il trabocco sia stato inventato in Europa nel XI-XII secolo. Durante le Crociate questa macchina da lancio fu adottata anche dagli islamici, i quali di norma prima si avvalevano invece dei mangani. In Oriente il trabucco fu a lungo sconosciuto, anche da parte degli stessi cinesi. L'ultimo avvenimento storico in cui venga narrato l'utilizzo del trabucco risale al 1521.

Schema di funzionamento del trabocco: È costituito da un enorme braccio di legno posto in posizione molto elevata, su di una struttura di sostegno abbastanza grande e robusta da sostenere lo sforzo e la tensione a cui la macchina viene sottoposta durante il suo impiego. Il braccio, ottenuto con lo sfrondamento di un tronco d'albero diritto, è montato asimmetricamente su un perno orizzontale nel punto in cui incontra le struttura di sostegno (il fulcro), in maniera tale che il braccio potenza della leva, ovvero l'estremità più robusta e pesante si trovi a poca distanza dal perno, mentre la parte che termina con la cima dell'albero, cioè il braccio resistenza sia molto più lunga. All'estremità più breve veniva imperniato un cassone o un grande cesto, riempito di macigni o altro materiale abbastanza pesante da fungere da contrappeso. All'altra estremità del braccio è appeso un gancio a cui è fissata una specie di grossa frombola, all'interno della quale è posto il proiettile. Durante la fase di ricarica, l'estremità più sottile dell'asta viene abbassata con l'ausilio di argani e ancorata ad un gancio collegato ad una leva di rilascio. Al momento stabilito, viene azionata la leva di rilascio e l'effetto del contrappeso scaglia il proiettile.

Questa eccezionale macchina d'assedio poteva scagliare pesantissimi macigni fino alla considerevole distanza di 300 metri. Le munizioni utilizzate erano varie: si poteva far uso di pietre levigate, ma anche di semplici massi del peso di alcune centinaia di chilogrammi o munizioni incendiare imbevute di olio. Per incrinare il morale degli assediati, si ricorreva alla macabra pratica del lancio delle teste di soldati morti, o venivano lanciate carcasse infette di animali allo scopo di creare epidemie, quindi innescando scenari molto prossime a quelli di una guerra batteriologica.

Pur essendo l'arma di "artiglieria" medievale più potente dell'epoca, i suoi unici difetti erano la scarsità di precisione e la bassa cadenza del tiro, compensati però dall'enorme potenziale distruttivo che permetteva, nel giro di poche ore, di distruggere perfino una piccola fortezza.

Le dimensioni, la grande quantità di manodopera richiesta per l'utilizzo, la difficoltà d'impiego ed il costo, tuttavia, limitarono relativamente la diffusione di quest'arma ossidionale. Solo grandi eserciti poterono mettere in campo negli assedi più impegnativi, 10, 20 e persino 35 trabocchi.

Sebbene micidiali contro le mura, i trabocchi furono usati soprattutto per colpire le strutture all'interno delle fortificazioni che, come i granai, i pozzi e le cisterne, erano d'importanza strategica. La distruzione delle scorte, infatti, spesso significava la resa immediata degli assediati.

L'utilizzo del trabocco alterò anche le strategie difensive; difatti si rafforzarono le mura e talvolta furono progettate grossi torri sulla cui cima venivano installati trabocchi aventi lo scopo di impedire agli assaltatori di raggiungere una distanza utile per il tiro.

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Catapulta

La parola catapulta è un termine generico per indicare una macchina da assedio che sfrutta un braccio per scagliare con tiro curvo grosse pietre di cento, duecento e più libbre, proiettili di metallo o dardi e frecce. L'immagine tipica di catapulta è quella costituita da due montanti verticali, disposta orizzontalmente una matassa attorcigliata, in mezzo alla quale era piazzata l'estremità di un braccio di legno. L'altro capo del braccio era terminato da una specie di cucchiara in cui si mettevano dei blocchi di legno o di metallo, che formavano una vera e propria mitraglia oppure dei liquidi infiammabili chiusi in un recipiente. Per far agire la macchina, si abbassava il braccio orizzontalmente, piazzando il proiettile nella cucchiara e poi lo si liberava per mezzo dello scatto. Il braccio ritornava con forza e scagliava il proiettile, che continuando il movimento ricevuto dall'impulso, abbandonava il braccio e descriveva una parabola.Qui sotto è illustrata una catapulta:

Il nome deriva dal greco "kata pelta", ovvero "attraverso lo scudo": il pelta è il piccolo scudo di legno e cuoio dei peltasti, schermagliatori greci. Originariamente infatti la catapulta scagliava dardi capaci di trapassare le corazze meno robuste. Con il tempo il termine è passato ad indicare una qualsiasi macchina che scaglia un oggetto, ma con catapulta generalmente ci si riferisce alla macchina da assedio medioevale, il cui nome specifico è onagro. Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo dell'assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente disponibile sul posto.

Le prime catapulte della storia sono le baliste che appaiono nel mondo greco verso la fine dell'epoca classica. Le catapulte aumentarono potenza e gittata nel periodo ellenistico, soprattutto grazie all'introduzione delle catapulte a torsione e al loro perfezionamento. Possiamo seguire il loro sviluppo attraverso la lettura dei trattati sull'argomento scritti da Bitone, Filone di Bisanzio, Erone di Alessandria e altri autori.
Nel periodo imperiale e nella tarda antichità la potenza delle catapulte andò decrescendo, finché se ne abbandonò la costruzione. Nel medioevo fu introdotto il trabucco a contrappeso, ma si trattava di un'arma molto meno efficace delle antiche catapulte a torsione, che d'altra parte fu presto resa obsoleta dall'avvento della polvere da sparo.

Tipi di catapulta: Le catapulte possono essere classificate secondo il concetto fisico usato per immagazzinare e rilasciare l'energia necessaria alla propulsione del proiettile.

Nomenclatura:
Tensione: le prime catapulte erano tensionali, sviluppate dal gastraphetes (sorta di balestra rudimentale): una parte sotto tensione propelle il braccio che scaglia il proiettile, in maniera molto simile ad una balestra gigante. Un principio utilizzato spesso nelle catapulte medioevali grazie alla sua semplicità di realizzazione.
Torsione: la balista fu la prima catapulta torsionale, che sfruttava l'elasticità di torsione prodotta da fasci di fibre elastiche. A questo fine erano usati tendini, crini e anche capelli. Anche gli onagri, costruiti dai Romani, sfruttavano lo stesso principio. Queste armi avevano un braccio che terminava con una fionda contenente il proiettile. L'altra estremità del braccio era inserita in corde o fibre che venivano torte (nevrobalistica), fornendo al braccio la forza propulsiva. Il sistema torsionale è assai più efficace del sistema tensionale, ma di contro aumenta la complessità del meccanismo.
Trazione: rudimentale sistema di lancio tipico del mangano, che sfrutta la forza di trazione di un gruppo di persone per imprimere forza in un proiettile. Trovò largo impiego nell'Alto medioevo, ma venne successivamente soppiantato o implementato nel sistema a gravitazione.
Gravità: È il sistema utilizzato nel trabucco. In questo caso, il contrappeso in caduta spinge verso il basso un'estremità del braccio, mentre il proiettile viene scagliato da una lunga fionda collegata all'altra estremità, essenzialmente come una fionda collegata ad una gigantesca altalena. In questo congegno può essere utilizzata la trazione umana che affianchi il pesantissimo contrappeso, tramite corde tirate da decine o centinaia di uomini contemporaneamente. Il peso dei proiettili, a seconda del peso del contrappeso e del numero degli addetti alle corde, andava da poche decine di chili fino a ben oltre la tonnellata.
La gittata di queste macchine (a seconda del peso del proiettile) era di circa 300-400 metri per la balista, 200-600 metri nel caso dell'onagro, 100 - 300 metri per la petriera medievale, e 100 - 200 per il mangano e trabocco.

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Tipi di balestre

Esistono vari tipi di balestre:
  • Balestra a crocco: prendeva tale nome dal gancio appeso alla cintura del balestriere e dalla staffa di cui era fornita la balestra stessa. Il balestriere inseriva il crocco nella corda, il piede nella staffa e sollevandosi tendeva l'arco.
  • Balestra da leva: si caricava con la leva, da cui prese il nome. La leva si componeva di un braccio di ferro biforcato verso il mezzo della sua lunghezza, ed all'estremità ripiegato a mezzo cerchio, con uno o due ganci snodati che, afferrata la corda, facendo girare i due rami sui perni di ferro posti ai lati del teniere, traevano ed appiccavano la corda stessa alla tacca della noce. Era anche un'arma dei balestrieri a cavallo, con minori dimensioni e con la leva fissata sul teniere.
  • Balestra a martinello: era generalmente una balestra di grosse dimensioni che si caricava con un grosso martinello.
  • Balestra a molinello: era così chiamata una balestra di maggiori dimensioni delle altre, e quindi molto potente: per farla funzionare occorrevano vari uomini e per tendere l'arco occorreva un grosso e forte congegno, dal quale appunto l'arma stessa traeva il nome un argano. Era arma da posta e si adoperava a difesa delle mura.
Vi erano poi le balestre con altri nomi, secondo la nozione ove era stata fabbricata, secondo il modo di caricarle e la loro forma, oppure anche secondo il proiettile che lanciavano:

  • Balestra a e da staffa: perché si caricava con i crocchi e colla leva, premendo però con il piede su una staffa. Di questa balestra, detta anche balestra manesca, erano armati i balestrieri genovesi.
  • Balestra a un piede o a due piedi: quella che si caricava con la forza di uno o di due piedi.
  • Balestra a bolzoni: era una balestra che lanciava una freccia chiamata bolzone.
  • Balestra a bussola: essa aveva una girella contenuta entro una scatola tonda a modo di bussola.
  • Balestra a e da tornio: era la balestra più grossa e non manesca, ed il nome derivava dall'ordigno acconciato all'estremità del teniere per tenderla. Erano balestre grosse da muro, da posta ed erano trasportate a soma.
  • Balestra a girella: la balestra che si caricava a mezzo di una rotella scanalata, o carrucola, la quale raccoglieva lo spago che serviva per tirare la corda dell'arco per tenderlo.
  • Balestra a piè di capra: il meccanismo per tendere la corda era così chiamato per la sua forma all'estremità divisa in due parti.
  • Balestra a ruota d'ingranaggio: si caricava mediante una ruota dentata che spingeva lungo il teniere un'asta dentata da una parte come una sega.
  • Balestra a pallottole: lanciava pallottole di piombo.
  • Balestra a pistola: fu in uso nel XVI secolo: era una balestra munita anche di una specie di pistola disposta lungo e sotto il teniere, cosicché essa era a doppio uso: pistola o balestra, a secondo se veniva usata voltata di sopra o di sotto.
  • Balestra a panca: era così chiamata quella che aveva il fusto rialzato da terra sopra un appoggio a forma di panca.
  • Balestra a tagliere: era così chiamata quando il fusto era a foggia di una tavola larga, quasi a guisa di tagliere.
  • Balestra a telaro: era così chiamata quando il fusto era costruito alla foggia di un telaro o telaio.
  • Balestra cinese a ripetizione: (o Chu-ko-nu) è una balestra che ha una specie di custodia sopra e lungo il teniere o fusto, la quale può fornire successivamente venti frecce in essa custodite, disposte l'una sull'altra.
  • Balestra multipla: progettata da Leonardo Da Vinci nel Codice Atlantico, era in grado di scagliare più dardi in direzioni diverse allo stesso tempo, grazie anche alla particolare forma del teniere, che si apriva a ventaglio.
  • Balestra lanciagranate: tipo di balestra per lanciare bombe a mano fu in uso per breve tempo sul fronte francese durante la Prima guerra mondiale.
  • Balestrino: balestra molto piccola che si tendeva mediante una vite disposta lungo il teniere e messa in moto dal di dentro del calcio. Si poteva portare nascosta, per cui era considerata arma proibita ovunque dai bandi sulle armi, lanciava un cortissimo dardo.
  • Balestrone: grossa balestra che si caricava con fortissimo tornio o martinetto, ed aveva un arco di ferro o di acciaio lungo dai quattro ai sei metri. Era arma da posta, sulle mura, come macchina di difesa.

Balestra

La balestra è un'arma da lancio costituita da un arco di legno, corno, o acciaio montato su di una calciatura (fusto) denominata teniere e destinata al lancio di quadrelli, frecce, strali, bolzoni, palle, o dardi. La corda viene bloccata da un meccanismo chiamato noce. Lo scatto avveniva tirando giù un piolo, nei modelli più antichi, o facendo pressione su una sorta di grilletto chiamato chiave. La corda veniva tesa grazie a un meccanismo a gancio chiamato crocco oppure, nei modelli più sofisticati, a un martinetto.Qui di seguito è illustrata una balestra:

La storia: la balestra ha una storia molto antica. È certo comunque che essa fu sviluppata solo dopo l'invenzione dell'arco per aumentarne la potenza e la gittata. Il suo utilizzo inizialmente fu sporadico e non decisivo per l'esito degli scontri in battaglia, forse a causa delle difficoltà tecniche che si incontravano nella sua costruzione e soprattutto a causa dei costi di fabbricazione. I Greci inventarono la balista attorno al 400 a.C. Essa è una sorta di grande balestra, anche se il proietto della balista riceve l'energia dalla torsione di due grandi matasse e non come nella balestra dalla curvatura dell'arco. Inoltre, la balista era atta al lancio di pietre e dardi. In Cina ci sono dei rinvenimenti archeologici di meccanismi di sganciamento in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. e dei documenti scritti cinesi che descrivono l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C.

La balestra in battaglia: l'uso della balestra in Europa (famosi i balestrieri genovesi) continua ininterrottamente dall'epoca classica fino al periodo di maggior popolarità tra l'XI e il XVI secolo, in seguito essa venne abbandonata a favore delle armi da fuoco. Fino alla comparsa delle prime armi da fuoco, la balestra è stata l'arma più devastante che un singolo soldato poteva utilizzare. Infatti, ha un potere di penetrazione tale da forare le armature dei cavalieri. La balestra ha una fase di caricamento più lunga rispetto all'arco, ciò si traduceva nella necessità di assicurarsi un riparo durante la fase di caricamento, però era bilanciato dalla notevole distanza di ingaggio, superiore a quella dell'arco. Proprio per migliorare l'efficacia dei balestrieri in campo aperto, venne introdotto l'uso dei pavesi, grandi scudi di legno dietro cui si proteggevano durante la lenta fase di ricarica. Tali scudi potevano essere assicurati dietro la schiena oppure portati da un addetto, chiamato "palvesario". Furono usate anche grosse balestre montate su carro. La balestra comportò un discreto cambiamento nelle strategie utilizzate in battaglia, l'approccio delle battaglie venne generalmente preceduto dall'intervento dei tiratori che, sfruttando la vasta gittata e potenza delle balestre, prima del corpo a corpo e ripararsi in fretta dietro le vicine linee amiche se caricate da truppe di cavalleria, le cui cavalcature si dimostrarono comunque molto vulnerabili ai proiettili o risultavano più lente se coperte da corazze abbastanza spesse da assicurare un'adeguata protezione all'animale.

Caratteristiche: La maggior parte delle balestre medievali avevano una potenza media di 45 chilogrammi, circa, ma con l'introduzione dell'arco in acciaio, furono costruite balestre in grado di sviluppare una potenza di oltre 500 chilogrammi con una gittata utile di oltre 450 metri.

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Arco

L'arco è uno strumento da lancio, è costituito da un elemento flessibile le cui estremità sono collegate da una corda tesa che ha la funzione di imprimere il movimento ad un proiettile, chiamato freccia. Utilizzato come arma da caccia e da battaglia soprattutto nell'antichità.
L'invenzione dell'arco risale a circa 11.000 anni fa.

Utilizzo:
1) La freccia viene assicurata alla corda grazie ad un elemento apposito, la cocca, che tuttavia lascerà la freccia stessa libera di sganciarsi al momento del rilascio. Lo stelo della freccia è appoggiato all'arco, che si trova all'incirca nel suo punto mediano.
2) La corda viene allontanata dall'arco per quanto lo consente la lunghezza della freccia o l'allungo dell'arciere. Così facendo, l'arco accumula Energia Elastica Potenziale, grazie alla deformazione elastica dei flettenti.
3) La corda viene rilasciata, permettendo all'arco di riprendere la forma originale e di riportare la corda violentemente verso l'arco stesso. In questo modo, l'Energia Elastica Potenziale, trasformata in Energia Cinetica a parte una certa dissipazione dovuta ad attriti ed isteresi, è ora trasferita alla freccia, alla quale è impresso un moto rettilineo che la proietta in avanti verso il bersaglio. Le dissipazioni di energia si notano soprattutto nelle vibrazioni, susseguenti al tiro, che percorrono tutto l'arco e la corda.

Classificazione: Gli archi si possono distinguere nelle seguenti categorie, in base alla forma e al particolare tipo di funzionamento che li costituiscono:

  • Longbow o arco lungo: arco gallese (celebre è quello di Robin Hood) originariamente utilizzato dalle popolazioni nordiche vichinghe, ha flettenti stretti e molto lunghi; il riser costituisce la sola impugnatura, con un piccola finestra (rest). Originariamente fabbricato da un unico ramo di legno, ora anche laminato ma sempre monolitico, quando è scaricato dalla corda, a riposo, assume la forma di un'asta lunga e dritta.

  • Arco ricurvo: il riser è lungo circa 1/3 di tutta la lunghezza dell'arco, i flettenti sono più corti rispetto a quelli del longbow ma sono più larghi. Il profilo dei flettenti con controcurvatura garantisce un rendimento maggiore rispetto ad un arco lungo di pari libbraggio. Nei ricurvi moderni i flettenti sono spesso smontabili (arco take down). La maggior massa del riser conferisce maggiore stabilità durante la fase di rilascio e quindi maggior precisione. Dall'arco ricurvo sono derivati i moderni archi "olimpici".
 

  • Arco riflesso: diffusissimo in oriente, ha un'impugnatura corta come il longbow, con cui condivide anche la sezione dei flettenti. Si differenzia per il fatto che questi ultimi sono composti da lamine di corno, il tutto resinato e ricoperto da tendine animale. Inoltre, ha una forma tale che permette di caricare i flettenti notevolmente, in misura maggiore rispetto agli archi di legno. Una volta "scaricato" dalla corda, ovvero a riposo, assume una caratteristica forma a "C".
  • Arco compound: arco molto potente e preciso che si basa su flettenti semirigidi associati ad un sistema di leve ad eccentrici (camme).

Materiali: Tra i materiali utilizzati dall'antichità ai giorni nostri troviamo il legno di tasso (utilizzato soprattutto in Europa) e, in tempi più recenti, materiali metallici per le parti statiche (alluminio forgiato/fresato), in abbinamento a materiali sintetici/polimerici tra cui fibra di vetro e fibra di carbonio per le parti flettenti.
Anche le corde hanno subito miglioramenti: si è passato da fibre naturali come lino, tendini o capelli di donna al dacron, fino ad arrivare al moderno Fast Flight, che ha una resistenza e rigidità superiore ai cavi d'acciaio.

Terminologia:
Allungo: è la distanza dal punto di perno (incavo dell'impugnatura dell'arco) al punto di incocco (punto sulla corda che ospita la cocca della freccia), misurata nel momento in cui l'arciere raggiunge, nell'esecuzione del gesto, il massimo della trazione.
Brace height: distanza arco-corda, ossia la distanza che intercorre tra il punto di perno e la corda, se si aumenta si incrementa la stabilità a discapito della potenza.
Tiller: differenza tra la distanza corda-flettente superiore e corda-flettente inferiore. Determina il bilanciamento dinamico dell'arco compensando la maggiore sollecitazione del flettente inferiore (la freccia, per ovvie ragioni, deve passare al di sopra dell'punto di simmetria dell'arco, ovvero l'impugnatura)
Potenza o libbraggio: espressa in libbre (1 libbra = 453,5 grammi) equivale allo sforzo necessario per tendere l'arco ad un allungo di 26 pollici e 1/4 (1 pollice = 2,54 centimetri). Tale allungo viene per convenzione (norme AMO) denominato 28" (28 pollici). Il simbolo che identifica il libbraggio è #.
Lunghezza dell'arco: si misura in pollici ed è la dimensione dello sviluppo dell'arco (va misurata seguendone le curve, se presenti).
Lunghezza della corda: dipende dalla lunghezza dell'arco ma anche dalla sua forma (un longbow di 68 pollici avrà una corda più lunga di un arco ricurvo di 68 pollici).
let-off: percentuale di riduzion del carico di picco in trazione che si verifica sugli archi compound per merito delle carrucole.

Tradizioni e innovazioni: Gli archi sono costruiti in modo diverso per cultura o zona.
Oltre al tradizionale arco corto di legno attribuito ai greci, esistono i famosi archi lunghi chiamati Longbow in dotazione degli arcieri gallesi prima e inglesi poi.
Nella cultura Giapponese, l'uso dell'arco Yumi è anche un esercizio di meditazione e viene insegnato in scuole "Dojo" con il nome di Kyudo (via dell'arco).
In Ungheria continua ancora la leggenda degli Unni, arcieri a cavallo, famosi per l'ineguagliabile destrezza e rapidità di esecuzione tanto da essere giunti a riuscire a scagliare 12 frecce in 17 secondi a bersagli in movimento (record del mondo detenuto da Lajos Kassai). Di ultima progettazione l'Arco compound che sfrutta un sistema di leve ad eccentrici che ottimizza la curva di trazione.

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Tipi di mazze

Esitono vari tipi di mazze in base al periodo di sviluppo e alle loro caratteristiche:
  • Clava: corto randello con una estremità, "testa", più massiccia. Archetipo della mazza, tipico delle popolazioni della preistoria o, comunque, tecnologicamente poco sviluppate.
  • Mazza: clava irrobustita dall'aggiunta di inserti in pietra che rendano l'impatto della "testa" efficace nonostante il ricorso ad un astile ligneo più maneggevole e leggero rispetto a quello della clava primitiva.
  • Mazza ferrata: mazza irrobustita da componenti in metallo (bronzo o ferro) e non più in pietra.
  • Mazza chiodata: due tipologie ben distinte di armi:

1) Arma "povera" del Medioevo europeo, sviluppata dai laboratores inserendo nella testa del randello dei chiodi, poi raffinata dalle milizie del comune medievale, in forme meno rudimentali come la Stella del Mattino ed il Goedendag. Le mazze utilizzate nella Prima Guerra Mondiale rientrano in questa categoria.
2) Evoluzione della mazza ferrata ottenuta aggiungendo borchie e chiodi sulla testa metallica dell'arma.

  • Mazza flangiata: mazza ferrata con testa composta da flange metalliche disposte radialmente rispetto alla gorbia. Il modello si sviluppò contemporaneamente in Medio Oriente (Persia) ed in Europa.
  • Mazza gotica: mazza flangiata con corpo e testa interamente in metallo.
  • Mazza pesante: evoluzione della mazza gotica, volta a garantire un colpo debilitante contro un avversario protetto dalla pesante armatura a piastre.
Qui sotto sono illustrati vari  schizzi di mazze:


Per Mazza d'armi s'intende invece qualsiasi tipologia di mazza (ferrata, chiodata, flangiata ecc.), da utilizzarsi nella mischia tra cavalieri in un contesto in cui le armature altamente sviluppate rendono il colpo di spada non più risolutivo.
Fatte salve le specifiche di cui sopra, la Mazza orientale si differenzia poi dalle mazze in uso in Europa per la raffinatezza costruttoria e la presenza, di accorgimenti tecnici normalmente tipici della spada, quali guardia, para-mano, pomolo ecc.

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Mazza

La mazza, oggetto contundente con una testa pesante in cima ad un manico, è stata la prima vera arma manesca costruita dall'uomo. Durante la Preistoria, la mazza si sviluppò dalla clava, cioè da un randello corto, in legno o osso, più largo ad una delle estremità. La testa della mazza venne appesantita da rinforzi in pietra prima e metallo poi (rame, ferro, acciaio). Nel corso dei secoli, i rinforzi, inizialmente concepiti come semplici placche, svilupparono in protuberanze e flange sempre più lavorate. Il corpo stesso della mazza, inizialmente di legno, venne poi interamente realizzato in metallo. Di seguito è illustrata una mazza:

Storia

Preistoria: Gli studi archeologici suggeriscono un utilizzo delle mazze come armi da offesa fin dalla preistoria.

Antichità: In Europa i primi ritrovamenti di manufatti furono rinvenuti in Irlanda. Nell'antico Egitto, le mazze furono ampiamente utilizzate, sia in combattimento che come simbolo di potere, mazze da offesa furono utilizzate anche in Mesopotamia, e tra gli Assiri che solitamente erano fatte in pietra o in marmo e decorate con oro o altri metalli, ma usate raramente in combattimento. L'utilizzo di mazze in guerra è testimoniato anche negli antichi poemi epici indiani, dove sono descritte mazze conosciute come "Gada", utilizzate nelle antiche guerre indiane. Gli antichi Romani non fecero invece largo uso di mazze, probabilmente a causa dell'uso di armature protettive, e a causa dello stile di combattimento che prevedeva l'utilizzo del gladio. Tuttavia la mazza era usata dalla cavalleria nell'Impero di Persia. In seguito ai ripetuti scontri tra persiani e bizantini/romani d'oriente, Bisanzio sviluppò le proprie unità di cavalleria adottando anche la mazza.

Medioevo: Durante il Medioevo, i nuovi dispositivi di protezione introdotti a favore di fanti e cavalieri, come la cotta di maglia e la corazza, portarono all'introduzione di martelli da guerra più efficace nel perforare le armature. Un altro esempio di arma in grado di penetrare l'armatura è la mazza flangiata, ossia l'inserimento nella testa metallica di flange e bordi sporgenti in metallo che permettevano di incidere o penetrare anche le corazze più spesse. Riferimenti di mazze flangiate (bardoukion) furono riscontrati già con l'Impero bizantino, ma il loro utilizzo in Europa avvenne intorno al XII secolo quando, contemporaneamente al Medio Oriente, anche in Russia ci fu un'evoluzione delle mazze flangiate. L'uso di mazze fu molto comune in Europa orientale, in particolare Polonia, Ucraina e Russia, dove le mazze erano caratterizzate dalla caratteristica forma a pera.

Età Contemporanea: Con l'introduzione della polvere da sparo, l'utilizzo delle mazze in guerra venne presto abbandonato e già dalla fine del medioevo l'uso delle mazze ferrate scomparve progressivamente per poi ritornare agli inizi del 1900, quando allo scoppio della prima guerra mondiale si evidenziò l'inadeguatezza e spesso la mancanza di armi adatte al combattimento corpo a corpo in spazi ristretti, quali erano le trincee. Inizialmente furono gli stessi soldati a sopperire a questa mancanza modificando manualmente pugnali di origine commerciale o baionette catturate al nemico. Ben presto a tutti gli eserciti impegnati nel conflitto furono distribuite armi d'ordinanza per gli assalti corpo a corpo, per lo più pugnali, ma tra gli schieramenti era anche generalizzato l'uso di pugni di ferro. Spesso le due armi erano abbinate nei pugnali con presa a noccoliera. Molto diffuso, fu anche l'impiego, da parte dei soldati più esperti, delle vanghette in dotazione come surrogato della scure. Nel panorama di una guerra di posizione, con assalti all'arma bianca per la conquista di trincee, si vide il ritorno tra i reparti di entrambi gli schieramenti tedeschi e austro-ungarici, inglesi e francesi, dopo circa tre secoli di inutilizzo nei campi di battaglia, della mazza chiodata. Contrariamente all'uso che se ne faceva nel medioevo, dove la mazza ferrata era usata per sfondare e disarticolare le armature dei nemici che poi venivano "finiti" con le spade o pugnali, in questo caso l'uso della mazza era più affine all'uso che se ne faceva nella preistoria, ove l'arma era utilizzata per colpire nemici privi di armature e/o protezioni, come privi di protezioni erano i soldati del primo conflitto mondiale.

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Alabarda

Arma in asta da punta e da taglio, fatta di un legno forte, lungo tre braccia, e tutto tempestato di chiodi, in cima del quale sta fitta una larga lama acuta e tagliente, guarnita nella sua parte inferiore di un ferro ritratto a modo di scure dall'un dei lati, e di una o tre punte arcuate dall'altro. Quest'arma permetteva caricar di punta il nemico, od arrestarne l'impeto, si crede introdotta per la prima volta in Italia dagli Svizzeri.Qui sotto è illustrata un'alabarda:


Diffusione: L'alabarda, nella sua forma più primitiva è in pratica una mannaia inastata con una tozza punta alla sommità ed un uncino sul posteriore. Diffusa massicciamente in Europa a partire dal XIV secolo, restò in uso alle forze di fanteria sino alle prime decadi del XVII secolo. Nel XVIII secolo era ormai divenuta arma di rappresentanza per le guardie di palazzo ed a tal fine è ancora in uso alle Guardia Svizzera Pontificia ed alla Guardia Real di Spagna. In Cina l'uso di un'arma molto simile all'alabarda occidentale, il Ji è testimoniato sin dal VIII secolo a.C.

Costruzione: Nella sua forma arcaica, l'alabarda ricordava molto la voulge dei mercenari svizzeri della quale si costituisce come una sorta di evoluzione più raffinata. Era composta da una lama metallica rassomigliante a quella di una mannaia, obliqua rispetto all'asta, con un uncino sul posteriore ed una cuspide alla sommità.
Nel corso del Cinquecento, l'alabarda si raffinò. Dalla massa indistinta del metallo iniziarono ad emergere in modo chiaro la lama di scure frontale, l'uncino o la cuspide posteriore, la cuspide o la lama di lancia superiore. Arma pesante, l'alabarda venne alleggerita ricorrendo a dei fori sulla lama di scure frontale e sulla lama/uncino posteriore, ove presente. La cuspide superiore venne invece sempre più spesso sostituita da una lama di lancia di dimensioni ragguardevoli, spesso una vera e propria lama di partigiana, per garantire all'arma una maggior versatilità nel corpo-a-corpo.
Per aumentare la capacità di penetrazione/trauma della scure, il posteriore venne sovraccaricato con una testa di martello, ottenendo un'arma ibrida con il Mazzapicchio: la Bardola. In altri casi, onde permettere una maggiore penetrazione alla cuspide posteriore, si preferì sostituirla con un tridente.

Oggi è utilizzata come arma cerimoniale, per questo motivo l'alabarda venne sovraccaricata con qualsiasi tipo di decorazione: al posto della cuspide/lama superiore si inserirono torce, bandiere, statue raffiguranti animali, persone, vessilli ecc. Sotto alla testa metallica, l'alabarda era quasi sempre ornata da passamaneria di pregiato tessuto.

Utilizzo: l'alabarda doveva inizialmente sortire a due requisiti:
1) Permettere di impegnare efficacemente il cavaliere corazzato trascinandolo giù di sella, con un colpo di lama o agganciandolo tramite l'uncino, e liquidandolo, tramite un affondo della cuspide o, nuovamente, con un colpo della lama portato alle parti deboli dell'armatura a piastre;
2) Difendere la linea dei picchieri dalle lame delle picche nemiche, deviandole o tranciandone le aste lignee.
Nel corso del XV secolo, l'alabarda si reinquadrò sempre più come un "tranciapicche". Si assistette nel contempo ad un allungamento della cuspide superiore o ad una sua sostituzione con lama di lancia vera e propria, onde permettere di impalare gli avversari nella mischia.

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Lancia

La lancia è l'archetipo dell'arma inastata. Nata come strumento di caccia, è stata impiegata fin dal principio come arma. Qui sotto è illustrata una lancia:


La lancia è costituita da:
1) Un manico, in genere di legno, di lunghezza variabile dal metro ai 6 metri della sarissa. Al manico è collegata una punta.
2) Punta può essere di pietra o metallo, avente forma triangolare, a losanga o seghettata, quest'ultima solitamente nella pesca assieme ad una fune assicurata al fondo del manico.

A differenza di altre lingue, nelle quali la differenza intercorrente tra la lancia utilizzabile come proiettile e la lancia da impiegarsi negli scontri corpo-a-corpo, soprattutto nel caso dell'arma lunga e pesante destinata alle forze di cavalleria, viene ribadita dall'uso di vocaboli diversi (es. in lingua inglese la lancia eiettabile è definita spear mentre la lancia da cavalleria è indicata con il vocabolo di derivazione latina lance), in lingua italiana si ricorre al vocabolo lancia per indicare genericamente proiettili come ad esempio il giavellotto e la zagaglia, armi da mischia come ad esempio la dory, la partigiana e il lanciotto, ed armi inastate di enormi dimensioni, destinate a corpi specializzati degli eserciti antichi e medievali come la picca e la lancia da giostra.

Lance con lama di selce: La storia della lancia e delle armi inastate che da essa derivano comincia nell'Età della pietra, quando i primi uomini legarono ad un lungo manico di legno un coltello di selce ed ottennero la prima forma di lancia a noi nota. La lancia e le armi inastate in generale sono state impiegate in ogni guerra prima della supremazia delle armi da fuoco.

Guerrieri Sumeri armati di lancia e scudo: La creazione dei primi eserciti stabili e la nascita dei primi grandi imperi (Sumeri, Egizi, Ittiti) incentivò lo sviluppo della metallurgia e degli armamenti, apportando massicce evoluzioni alle armi precedentemente in uso presso le popolazioni di cacciatori-raccoglitori dell'età della pietra. Mentre si diffondeva l'uso della spada e dello scudo, dalla lancia, originariamente arma versatile, atta sia alla mischia che al lancio, svilupparono due forme distinte di arma: l'arma inastata da mischia, pesante ed atta a prolungare il campo d'azione del combattente, ed il giavellotto, evoluzione della zagaglia primitiva unicamente atto all'uso come proiettile.

Antica Grecia: La nascita della fanteria pesante (VI secolo a.C.), protetto da elmo, corazza, e scudo di bronzo, codificò il modello della lancia pesante da mischia (dory in greco antico), con asta in legno duro lunga 2-3 metri, lama massiccia di metallo e sauroter, detto "tallone", pure di metallo. La lancia leggera, ormai un vero e proprio giavellotto, divenne appannaggio delle forze di fanteria leggera. L'avvento sulla scena greca delle forze di cavalleria pesante, portò alla diffusione di nuove forme di lancia, apprositamente disegnate per i bisogni del guerriero a cavallo: lo xiston, una lancia lunga oltre tre metri, leggera e flessibile, destinata a superare il mure delle dory, nonché vero e proprio archetipo della lancia da cavalleria.

Roma Antica: L'esercito romano, al tempo della repubblica romana. La prima linea della legione repubblicana era così composta dagli hastati armati con l'hasta, sorta di variante romana della dory greca.
La repentina evoluzione della legione romana portò ad un sistematico abbandono della lancia da mischia in favore di tattiche che privilegiavano lo scontro con scudo (il pesante scutum) e spada (il gladio corto, massiccio ed appuntito). Caratteristica distintiva delle armate romane divenne invece il loro particolare giavellotto, il pilum, formato da un manico di legno cui era assicurata una lunga estremità di piombo terminante in una punta simile come forma ad una pallottola. I cavalieri celti e germani che combattevano per Roma, eredi della tradizione bellica secolare dei loro popoli d'origine, utilizzavano pesanti lance da cavalleria. I cavalieri Sarmati, popolazione nomade delle steppe euro-asiatiche, diffusero l'uso di una particolare lancia da cavaliere lunga e massiccia, da utilizzarsi con due mani, il kontos.

Medioevo: La lancia era l'arma principale della cavalleria pesante medievale: grazie alla resta che le impediva di scivolare all'indietro quando essa colpiva il bersaglio, il cavaliere lanciato al galoppo poteva scaricare contro il nemico tutta la propria forza. Le lance, di legno, erano fabbricate in modo da spezzarsi all'urto, altrimenti il cavaliere sarebbe stato sbalzato di sella. Alla cavalleria pesante, si contrapposero reparti di fanteria anch'essi armate di lancia, queste lance avevano una piccola punta dalla parte del manico, così da poterle infilzare per terra e reggere con più forza le cariche di cavalleria.

Evo Moderno: La massiccia diffusione delle armi da fuoco negli eserciti del XVI secolo, ridusse il campo d'utilizzo delle armi inastate. La picca continuò ad essere ampiamente utilizzata nei quadrati di fanteria per tutta la Guerra dei Trent'anni ed ancora al tempo di Luigi XIV di Francia. La lancia da cavalleria, notevolmente alleggerita rispetto al modello medievale, continuò invece a restare in uso per tutto il XIX secolo, periodo in cui si diffusero negli eserciti europei i reggimenti di cavalleria indicati appunto come lancieri. Solo a seguito della prima guerra mondiale la lancia cadde definitivamente in disuso come arma d'ordinanza divenendo arma da parata.

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Ascia

L'ascia è uno strumento da taglio. Qui sotto ne è illustrata una:
Questo attrezzo è costituito da:
1) Una lama in ferro, ricurva e con il taglio perpendicolare al manico.
2) Un manico, un'estremità del quale viene infilato nell'alloggiamento di forma tronco-conica presente nell'occhio del ferro. Il manico può essere lungo, nella versione da usare a due mani, o corto nella versione da usare con una mano sola.
3) Un cuneo, che allarga il manico nell'occhio del ferro, in modo da rendere il tutto solidale.

Uso:
Questo attrezzo veniva utilizzato in passato dai carpentieri per squadrare i tronchi, prima sgrossandoli e poi lisciandoli. Da qui il nome di mastro (o maestro) d'ascia con cui questi abili artigiani erano conosciuti nell'ambito delle costruzioni navali.

Errori comuni:
L'ascia viene comunemente confusa con la scure e con l'accetta, il cui taglio è invece parallelo al manico, che viene utilizzata per l'abbattimento degli alberi.
La scure è chiamata ascia soprattutto se è utilizzata come arma, come ad esempio l'ascia di guerra dei pellerossa (tomahawk) che in realtà è un'accetta.

Storia bellica:
I Franchi erano celebri nel medioevo per l'abile uso che facevano dell'ascia (detta francesca); in battaglia ne portavano solitamente due da lancio e una per il combattimento corpo a corpo.
Va detto che la famosa ascia bipenne non fa assolutamente parte del panorama delle armi medievali e storicamente l'unica ascia bipenne accertata è la labrys cretese (XVI-XV secolo a.C.), anche se armi simili possano essere state utilizzate in maniera non diffusa.

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giovedì 6 giugno 2013

Spada

Una spada è un arma bianca a lama lunga, di solito a doppio filo, adatta a colpire di punta e di taglio. Il termine spada deriva dal greco spathe e dal latino spatha. L'intenzione e la fisica di base della spada sono rimaste sostanzialmente invariate nei secoli, ma sono cambiate molto le tecniche di realizzazione, variabili anche in base alla cultura: come conseguenza, si hanno differenze nel disegno e nello scopo della lama.

Composizione:

Una spada si può dividere in due parti fondamentali: la lama e il fornimento. La prima è di solito in acciaio, con almeno un lato affilato. Il secondo è composto da un'impugnatura, costituita dal codolo della lama a cui sono fissate le "guance" in legno o osso (spesso ricoperta con cuoio o materiali affini), in un elso in metallo e in un pomolo. Qui sotto sono illustrate le parti principali di una spada:
IElsa
IILama
IIIFodero
1Pomolo
2Manica (impugnatura)
3Guardia
4Coccia
5"Forte" della lama
6"Scanalatura" della lama
7"Filo" della lama
8"Debole" della lama
9Cresta centrale della lama
10Punta della lama
11"Bocca" del fodero
12Puntale del fodero

Lama:
La lama viene idealmente divisa lungo la sua lunghezza e la divisione più comune è quella in tre parti più o meno uguali in lunghezza: debole, medio e forte. Il primo è la parte più lontana dall'impugnatura, il terzo quella più vicina e il secondo quella situata fra i due. Durante l'uso, la spada ferisce con il debole, poichè dotato di maggiore velocità, e para con il forte, poichè maggiormente stabile e robusto. I lati affilati della spada prendono il nome di filo dritto (o diritto) e filo falso (o rovescio). Il primo è quel filo che guarda l'avversario ed è nella stessa direzione delle nocche di chi impugna la spada. Il secondo è quello che rimane rivolto verso chi la impugna e nella direzione del pollice, all'atteccatura. In alcune spade il filo falso viene affilato solo per metàdella lunghezza; altre presentano solo un lato affilato, e prendono in questo caso il nome  di mezze spade . In generale, il filo dritto si utilizza per tagli diretti ed affondi, mentre il filo falso viene utilizzato per i colpi di rovescio. Spesso la lama dellla spada presenta sul lato piatto, delle scanalature lungo la sua lunghezza. Queste servono per alleggerirne la struttura (e quindi aumentarne la flessibilità) e per facilitare l'estrazione della lama dopo un affondo di punta dal corpo dell'avversario diminuendo l'effetto "ventosa". La spada può presentare una lama dritta o curva. La prima termina solitamente con una punta più o meno stretta, ed è perciò adatta principalmente agli affondi e alle stoccate, la seconda è più adatta ai colpi di taglio e rientra nelle tipologie chiamate sciabola o scimitarra, o in altri nomi a seconda del periodo storico e della provienenza geografica dell'arma.

     2.  Fornimento:

"Fornimento" è il termine con cui si identificano le diverse parti della spada atte alla presa ed al controllo della lama. Oltre che dall'impugnatura vera e propria, un fornimento tipico è costituito dal pomolo e da un'elsa o elso. Dobbiamo dire che forse per una associazione errata dalla lingua anglosassone, l'uso comune della parola è diventato "guardia". L'elsa assicura protezione alla mano che regge l'arma ; nelle spade europee premedievali, ad esempio nei gladii romani, l'elsa non sporgeva eccessivamente dal piano della lama; questo tipo di elsa viene chiamata coccia. A partire dal medioevo in poi, la maggior parte delle elsa vennero  dotate di bracci laterali, adatti a proteggere le mani dai colpi che potevano scivolare lungo la lama: questo tipo di elsa viene chiamata "crociata" o "cruciforme". Un altro tipo di elsa è quella tipica del fioretto e, in generale, degli stocchi, di forma tondeggiante, atta a proteggere interamente la mano dagli affondi degli avversari. Il pomolo, costituito da un pomello di metallo di varia foggia situato alla base dell'impugnatura, è invece necessario per assicurare un bilanciamento ottimale dell'arma, oltre che per migliorare la presa. Fa formalmente parte anche il codolo, la parte terminale della lama che, allungata, penetra nell'impugnatura e viene ad essa fissata, con vari metodi, in modo da assicurare l'assemblaggio del tutto. Le tecniche per assicurare il fissaggio dell'elsa al codolo variano grandemente a seconda delle epoche e delle culture, e rappresentano in effetti uno degli aspetti cruciali della fabbricazioe di una spada. Il punto di attacco tra lama e codolo viene chiamato ricasso.

    3.  Fodero:

"Fodero" è il contenitore atto al trasporto fisico della spada. Nel corso della storia, è stato realizzato con diverse tipologie di materiale: legno, cuoio, metallo (ferro, acciaio, bronzo, ottone) ed oggi plastica e suoi derivati. Ha due funzioni principali: protezione (garantire una corretta conservazione della lama ed, al contempo, l'incolumità di chi la utilizza) e sostegno (assicurare l'arma ad una cintura). Generalmente, lascia scoperta l'elsa dell'arma e può disporre o meno di un sistema di fermo (solitamente lacci) per non far scivolare la lama all'esterno involontariamento. Sontuosamente decorato nel caso di armi di rappresentanza o nel contesto di culture guerriere (Celti, Antichi romani, ecc.).

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Elenco spade

  • Spade celtiche: costituiscono l'archetipo dal quale svilupparono le spade europee dell'età del ferro. Si trattò di un insieme piuttosto disomogeneo di armi da taglio dalla foggia e dalle dimensioni variabili, non inquadrabili in una tipologia uniforme, che influenzarono significatamente lo sviluppo della spada presso le due culture, Romani e Germani, che prima convissero con i Celti e poi li soppiantarono nel dominio sulle terre dell'Europa continentale. Da un precedente modello celtico svilupparono infatti sia il gladius che la spatha, le armi da cui ebbe origine la spada vichinga dell'Europa carolingia, l'archetipo della spada in uso alla cavalleria medievale.
  • Gladio: era l'arma in dotazione ai legionari dell'esercito romano; si trattava di una piccola spada a doppio taglio con la lama larga e molto appuntita, lunga tra i 60 e 80 cm, che si prestava molto bene all'esecuzionedi fendenti verticali e tagli verticali. La punta triangolare, era progettata con l'intenzione di penetrare facilmente le carni del nemico.

  • Spatha: è una spada d'epoca romana classica evoluzione del gladio, ma con lama molto più lunga: all'incirca tra gli 80 e 100 cm.

  • Spada vichinga: è un tipo di spatha sviluppatasi dalla spada del periodo delle migrazioni intorno all'VIII secolo. Funse da archetipo per la spada della cavalleria medievale con lo sviluppo delle grandi else cruciformi e, nonostante il nome, non fu arma esclusiva dei Vichinghi, bensi si diffuse in tutta Europa durante l'epoca vichinga.

  • Spada d'armi: è la classica spada ad una mano usata nel periodo medievale dalla cavalleria (tra l'XI e il XVI secolo), evoluzione della spada celtica. Ha una doppia lama adatta sia per il taglio che per l'affondo di dimensione che variano fra i 70 e 80 cm.

  • Spada bastarda: o spada a una mano e mezza è una tipologia di spada sviluppata in Europa nel tardo XIV secolo. Si tratta di un ibrido tra la spada d'armi tipica della cavalleria, rispetto alla quale ha un'impugnatura molo più grande e versatile, e la spada a due mani usata dai milites per gli scontri a piedi, rispetto alla quale ha prò lama più corta: dai 110 ai 140 cm.

  • Striscia: o spada da lato a striscia o anche spada all'italiana è una spada a lama sottile che ebbe larga diffusione in Europa nel XVI e XVII secolo. é considerata l'evoluzione della spada da lato ed è conosciuta come rapière in francese. Caratterizzata da un'elsa assai complessa costruita per proteggere la mano rimane un'arma da affondo, sebbene la lama possa essere sufficiente larga per tagliare (in modo molto minore delle spade medievali). La lama, solitamente a doppia affilatura, può essere affilatura, può essere affilata per tutta la lunghezza, oppure solo dal centro alla punta. Lunga dai 100 ai 120 cm per circa 1 kg di peso, appare più lunga e sottile della spada da lato dei secoli passati.

  • Sciabola: è un'arma bianca manesca con lama monofilare curva, affilata sul lato convesso, di lunghezza variabile e guardia molto pronunciata, atta a coprire tutta la mano.
  • Sciabola d'abbordaggio: è un'arma bianca costituita da una sciabola corta e larga, ovvero da una spada da taglio, con lama dritta o leggermente ricurva, ed un'elsa spesso dotata di guardia a coppa piene, oppure in guisa di cesto.

  • Jian: è una spada cinese dritta a doppio filo. Di peso inferiore al dao (sciabola) e con il baricentro vicino alla guardia, quest'arma si basa su affondi e fendenti mirati principalmente alle parti vulnerabili del corpo e per recidere tendini e fasce muscolari. La parte più vicina all'elsa, è solitamente più spessa e utilizzata per la difesa, mentre la punta della lama è sottile per facilitare l'offesa. In Cina, il jian è considerata l'arma più nobile delle arti marziali.

  • Katana:  è la spada giapponese per antonomasia. Anche se molti giapponesi usano questa parola per indicare genericamente una spada, il termine katana si riferisce più specificamente ad una spada a lama curva e a taglio singolo di lunghezza superiore ai 60 cm usata dai samurai.
    Nomenclatura di una katana:
    Schema katana
    L'elsa (tsuka) de katana, fatta di legno e avvolta nel samegawa, si compone di:
    Fuchi: un collare tra l'impugnatura e la guardia.
    Habaki: un collare metallico a forma di cuneo usato per agganciare la spada alla guardia ed è posto vicino al codolo.
    Kashira: il pomolo alla fine dell'impugnatura.
    Mekugi: un piccolo dente per assicurare l'elsa al codolo (nakago).
    Mekugi-ana: sono dei buchi nell'elsa e nel codolo per il mekugi.
    Menuki: piccoli ornamenti nell'elsa (di solito sotto al tsuka-ito) che migliorano l'impugnatura e originariamente usati con lo scopo di nascondere il mekugi.
    Same-hada: il motivo della rivestitura dell'elsa, letteralmente il motivo della pelle di razza.
    Same-kawa (samegawa): la pelle di razza o squalo che avvolge l'impugnatura.
    Seppa: rondelle poste sopra e sotto l'impugnatura per migliorare l'incastro.
    Tsuba: l'impugnatura.
    Tsuka-maki: l'arte di avvolgere la tsuka, incluso i più comuni hineri maki e katate maki (avvolgimenti da battaglia).
    Tsuka-ito: l'avvolgimento dell'elsa (tsuka), tradizionalmente di seta ma oggi spesso anche di cotone e alcune volte di cuoio.
    Fodero (Saya): tradizionalmente realizzato in legno di magnolia laccato.
    Kaeshizuno: un uncino usato per bloccare il fodero alla cintura (obi) durante l'estrazione.
    Koiguchi: la bocca del fodero, tradizionalmente fatto di corno di bufalo.
    Kojiri: la fine del fodero, anch'esso tradizionalmente fatto in corno di bufalo.
    Kozuka: un manico decorativo adatto per il kogatana.
    Kuri-kata: un anello solitamente in corno applicato al fodero a circa un palmo dal koiguchi, serve come passante per il sageo.
    Sageo: la corda usata per legare il fodero alla cintura (obi) quando indossata.
    Shidome: un dettaglio estetico sul kurikata.
    Wari-bashi: bastoncini metallici in una tasca del fodero.
    La lama vera e propria invece si divide nel codolo (nakago), nel corpo della lama e nella punta (kissaki). Il sugata è la forma che assume complessivamente la lama. Vista invece dal dorso al tagliente la lama si divide in:
    Mune: il dorso della lama. Può essere distinto in vari tipi: hikushi (basso), takashi (alto), mitsu (a tre lati), hira o kaku (piatto), maru (arrotondato).
    Shinogi-ji: il primo dei due piani che formano la guancia della lama. Su di esso si possono trovare profonde incisioni longitudinali, solitamente sul primo terzo della lama, rappresentanti disegni (horimono) o caratteri sanscriti (bonji). Qui può essere presente anche un solco da entrambi i lati (hi) atto ad alleggerire ed bilanciare la lama.
    Shinogi: la linea di divisione tra i piani. Nella forma di lama denominata shinogi-zukuri , dopo il cambio  di piano del kissaki determinato dalla linea di yokote, lo shinogi prende il nome di ko.shinogi.
    Ji: la linea di divisione tra i piani che formano la guancia della lama.
    Un kissaki si può dividere in:
    Hamon: la linea di tempra che caratterizza la katana ed ottenuta tramite tempra differenziata. Risulta in una linea di colore leggermente diverso nella parte tagliente della lama.
    Boshi (pollice): la parte di hamon situata sulla punta della lama (kissaki).
    Ha: la parte temprata ed affilata.
    • Daito: letteralmente "spada lunga" è una categoria di spade giapponesi a cui appartengono sia la katana che il tachi. Una spada per essere considerata una daito deve esser lunga più di due shaku (60 cm) in linea retta.
    • Nodachi: "spada da campo" o "grande spada", è una spada giapponese a due mani. Ha il medesimo disegno e aspetto generale di una tachi, ma è considerevolmente più lunga, in quanto può raggiungere una lunghezza che varia solitamente da 1.4 a 1.8 m circa. Molte nodachi presentano un'impugnatura molto più lunga rispetto alla katana semplice, che può variare dai 30 ai 33 cm, tuttavia una nodachi ottimale dovrebbe presentare un rapporto lama/impugnatura di 4/1.
    • Shikomizue: "bastone preparato" è un bastone animato ovvero un bastone da passeggio celante una lama al suo interno che può essere sguinata per autodifesa. In Giappone, divenne popolare quando le katane furono rese illegali.
    • Shiraya: "fodero bianco" è un fodero di legno senza decorazioni usato per preservare e custodire la lama, quando non si prevede di usarla.
    • Meito: "spada famosa" o "spada eccellente" più che un tipo diu spada è un grado di qualità. In Giappone questo significa che la spada ha una storia importante o che le sue qualità eccelse la distingue dalle spade comuni. Nel senso occidentale, Excalibur sarebbe considerata una meito.