Il blog è partito come accompagnamento al corso storia della tecnologia del professore Vittorio Marchis. Ogni alunno ha scelto un argomento principale del blog e in parallelo un libro che facesse da guida per questo corso. Il mio argomento è "armi bianche", e il libro da leggere proposto dal docente è stato "Comma 22" libro molto interessante e coinvolgente che consiglio a tutti. Nel blog, come primo passo, ho postato la copertina e inserito la "trama".
Il passo successivo è stato quello di dare alcune definizioni delle armi bianche, il modo migliore è stato quello di fare un "abecedario", contenente per esempio parti di armi, armi particolari, semplici armi e curiosità su questo argomento. Nel frattempo ho letto il libro, nel mentre lo facevo mi sono segnato le parole e le frasi che si collegavano con l'argomento principale del blog su un foglio. Poi ho cercato una canzone, un quadro e un film che si potessero collegare alle armi bianche e al libro.
Come canzone ho scelto un brano dei Nightwish: "Song of myself" e ho commentato il testo parallelamente a quanto letto e segnato nel libro.
Come quadro ho scelto "La spada di Damocle" bellissimo quadro pieno di significato. Per il film ho optato per "The hunted" un film contenente come arma principale i coltelli.
A questo punto ho analizzato la parola "arma" in tutte le lingue per estrapolarne i ceppi di provenienza e quindi conoscerne il senso stretto del significato della parola, creando una "mappa linguistica".
Per approfondire i sinonimi e le parole che più si avvicinano alle armi bianche, ho creato un post "parole chiave" per capire meglio il mondo di queste se pur pericolose anche meravigliose armi. Arriviamo al punto centrale di questo blog ovvero le armi in se.
Le armi bianche più citate nel romanzo di Heller sono i coltelli per lo più da caccia, cosi ho postato un riassunto su tutti i "coltelli esistenti.
Per completare questo blog ho cercato di analizzare tutti i tipi di armi bianche, spero di non averne tralasciata alcuna. Quelle che ho analizzato sono le seguenti: "spade", con relative "tipologie di spade", "asce", "lance", "alabarde", "mazze", con relative "tipologie di mazze", "archi", "balestre", con relative "tipologie di balestre", "catapulte" e "trabocchi".Nonostante non avessi mai creato un blog e quindi non avessi alcuna idea relativa all'impostazione di questo tipo di lavoro, ho trovato decisamente coinvolgente e istruttiva la realizzazione di questo blog, in quanto ho avuto la possibilità di apprendere numerevoli nozioni riguardo all'argomento trattato e all'utilizzo del pc.
Spero che questo blog sia stato di vostro gradimento e di aver esaurito la vostra curiosità riguardo l'argomento armi bianche.
Invito calorosamente voi lettori a compilare il sondaggio del blog.
Arrivederci e grazie dell'attenzione. Luigi Ritorno
domenica 9 giugno 2013
venerdì 7 giugno 2013
Trabocco
Il trabocco (o trabucco) è una macchina d'assedio di grandissime dimensioni. Può essere considerato una sorta di catapulta, limitata però dalle sue dimensioni e dalla posizione fissa. Inoltre rinuncia alla propulsione elastica del proietto per utilizzare invece il principio della leva. Utilizzato esclusivamente negli assedi, era la più grande arma a tiro indiretto a disposizione degli eserciti medioevali. Qui sotto è illustrato un trabocco:
Cenni storici: Si pensa che il trabocco sia stato inventato in Europa nel XI-XII secolo. Durante le Crociate questa macchina da lancio fu adottata anche dagli islamici, i quali di norma prima si avvalevano invece dei mangani. In Oriente il trabucco fu a lungo sconosciuto, anche da parte degli stessi cinesi. L'ultimo avvenimento storico in cui venga narrato l'utilizzo del trabucco risale al 1521.
Schema di funzionamento del trabocco: È costituito da un enorme braccio di legno posto in posizione molto elevata, su di una struttura di sostegno abbastanza grande e robusta da sostenere lo sforzo e la tensione a cui la macchina viene sottoposta durante il suo impiego. Il braccio, ottenuto con lo sfrondamento di un tronco d'albero diritto, è montato asimmetricamente su un perno orizzontale nel punto in cui incontra le struttura di sostegno (il fulcro), in maniera tale che il braccio potenza della leva, ovvero l'estremità più robusta e pesante si trovi a poca distanza dal perno, mentre la parte che termina con la cima dell'albero, cioè il braccio resistenza sia molto più lunga. All'estremità più breve veniva imperniato un cassone o un grande cesto, riempito di macigni o altro materiale abbastanza pesante da fungere da contrappeso. All'altra estremità del braccio è appeso un gancio a cui è fissata una specie di grossa frombola, all'interno della quale è posto il proiettile. Durante la fase di ricarica, l'estremità più sottile dell'asta viene abbassata con l'ausilio di argani e ancorata ad un gancio collegato ad una leva di rilascio. Al momento stabilito, viene azionata la leva di rilascio e l'effetto del contrappeso scaglia il proiettile.
Questa eccezionale macchina d'assedio poteva scagliare pesantissimi macigni fino alla considerevole distanza di 300 metri. Le munizioni utilizzate erano varie: si poteva far uso di pietre levigate, ma anche di semplici massi del peso di alcune centinaia di chilogrammi o munizioni incendiare imbevute di olio. Per incrinare il morale degli assediati, si ricorreva alla macabra pratica del lancio delle teste di soldati morti, o venivano lanciate carcasse infette di animali allo scopo di creare epidemie, quindi innescando scenari molto prossime a quelli di una guerra batteriologica.
Pur essendo l'arma di "artiglieria" medievale più potente dell'epoca, i suoi unici difetti erano la scarsità di precisione e la bassa cadenza del tiro, compensati però dall'enorme potenziale distruttivo che permetteva, nel giro di poche ore, di distruggere perfino una piccola fortezza.
Le dimensioni, la grande quantità di manodopera richiesta per l'utilizzo, la difficoltà d'impiego ed il costo, tuttavia, limitarono relativamente la diffusione di quest'arma ossidionale. Solo grandi eserciti poterono mettere in campo negli assedi più impegnativi, 10, 20 e persino 35 trabocchi.
Sebbene micidiali contro le mura, i trabocchi furono usati soprattutto per colpire le strutture all'interno delle fortificazioni che, come i granai, i pozzi e le cisterne, erano d'importanza strategica. La distruzione delle scorte, infatti, spesso significava la resa immediata degli assediati.
L'utilizzo del trabocco alterò anche le strategie difensive; difatti si rafforzarono le mura e talvolta furono progettate grossi torri sulla cui cima venivano installati trabocchi aventi lo scopo di impedire agli assaltatori di raggiungere una distanza utile per il tiro.
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Cenni storici: Si pensa che il trabocco sia stato inventato in Europa nel XI-XII secolo. Durante le Crociate questa macchina da lancio fu adottata anche dagli islamici, i quali di norma prima si avvalevano invece dei mangani. In Oriente il trabucco fu a lungo sconosciuto, anche da parte degli stessi cinesi. L'ultimo avvenimento storico in cui venga narrato l'utilizzo del trabucco risale al 1521.
Schema di funzionamento del trabocco: È costituito da un enorme braccio di legno posto in posizione molto elevata, su di una struttura di sostegno abbastanza grande e robusta da sostenere lo sforzo e la tensione a cui la macchina viene sottoposta durante il suo impiego. Il braccio, ottenuto con lo sfrondamento di un tronco d'albero diritto, è montato asimmetricamente su un perno orizzontale nel punto in cui incontra le struttura di sostegno (il fulcro), in maniera tale che il braccio potenza della leva, ovvero l'estremità più robusta e pesante si trovi a poca distanza dal perno, mentre la parte che termina con la cima dell'albero, cioè il braccio resistenza sia molto più lunga. All'estremità più breve veniva imperniato un cassone o un grande cesto, riempito di macigni o altro materiale abbastanza pesante da fungere da contrappeso. All'altra estremità del braccio è appeso un gancio a cui è fissata una specie di grossa frombola, all'interno della quale è posto il proiettile. Durante la fase di ricarica, l'estremità più sottile dell'asta viene abbassata con l'ausilio di argani e ancorata ad un gancio collegato ad una leva di rilascio. Al momento stabilito, viene azionata la leva di rilascio e l'effetto del contrappeso scaglia il proiettile.
Questa eccezionale macchina d'assedio poteva scagliare pesantissimi macigni fino alla considerevole distanza di 300 metri. Le munizioni utilizzate erano varie: si poteva far uso di pietre levigate, ma anche di semplici massi del peso di alcune centinaia di chilogrammi o munizioni incendiare imbevute di olio. Per incrinare il morale degli assediati, si ricorreva alla macabra pratica del lancio delle teste di soldati morti, o venivano lanciate carcasse infette di animali allo scopo di creare epidemie, quindi innescando scenari molto prossime a quelli di una guerra batteriologica.
Pur essendo l'arma di "artiglieria" medievale più potente dell'epoca, i suoi unici difetti erano la scarsità di precisione e la bassa cadenza del tiro, compensati però dall'enorme potenziale distruttivo che permetteva, nel giro di poche ore, di distruggere perfino una piccola fortezza.
Le dimensioni, la grande quantità di manodopera richiesta per l'utilizzo, la difficoltà d'impiego ed il costo, tuttavia, limitarono relativamente la diffusione di quest'arma ossidionale. Solo grandi eserciti poterono mettere in campo negli assedi più impegnativi, 10, 20 e persino 35 trabocchi.
Sebbene micidiali contro le mura, i trabocchi furono usati soprattutto per colpire le strutture all'interno delle fortificazioni che, come i granai, i pozzi e le cisterne, erano d'importanza strategica. La distruzione delle scorte, infatti, spesso significava la resa immediata degli assediati.
L'utilizzo del trabocco alterò anche le strategie difensive; difatti si rafforzarono le mura e talvolta furono progettate grossi torri sulla cui cima venivano installati trabocchi aventi lo scopo di impedire agli assaltatori di raggiungere una distanza utile per il tiro.
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Catapulta
La parola catapulta è un termine generico per indicare una macchina da assedio che sfrutta un braccio per scagliare con tiro curvo grosse pietre di cento, duecento e più libbre, proiettili di metallo o dardi e frecce. L'immagine tipica di catapulta è quella costituita da due montanti verticali, disposta orizzontalmente una matassa attorcigliata, in mezzo alla quale era piazzata l'estremità di un braccio di legno. L'altro capo del braccio era terminato da una specie di cucchiara in cui si mettevano dei blocchi di legno o di metallo, che formavano una vera e propria mitraglia oppure dei liquidi infiammabili chiusi in un recipiente. Per far agire la macchina, si abbassava il braccio orizzontalmente, piazzando il proiettile nella cucchiara e poi lo si liberava per mezzo dello scatto. Il braccio ritornava con forza e scagliava il proiettile, che continuando il movimento ricevuto dall'impulso, abbandonava il braccio e descriveva una parabola.Qui sotto è illustrata una catapulta:
Il nome deriva dal greco "kata pelta", ovvero "attraverso lo scudo": il pelta è il piccolo scudo di legno e cuoio dei peltasti, schermagliatori greci. Originariamente infatti la catapulta scagliava dardi capaci di trapassare le corazze meno robuste. Con il tempo il termine è passato ad indicare una qualsiasi macchina che scaglia un oggetto, ma con catapulta generalmente ci si riferisce alla macchina da assedio medioevale, il cui nome specifico è onagro. Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo dell'assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente disponibile sul posto.
Le prime catapulte della storia sono le baliste che appaiono nel mondo greco verso la fine dell'epoca classica. Le catapulte aumentarono potenza e gittata nel periodo ellenistico, soprattutto grazie all'introduzione delle catapulte a torsione e al loro perfezionamento. Possiamo seguire il loro sviluppo attraverso la lettura dei trattati sull'argomento scritti da Bitone, Filone di Bisanzio, Erone di Alessandria e altri autori.
Nel periodo imperiale e nella tarda antichità la potenza delle catapulte andò decrescendo, finché se ne abbandonò la costruzione. Nel medioevo fu introdotto il trabucco a contrappeso, ma si trattava di un'arma molto meno efficace delle antiche catapulte a torsione, che d'altra parte fu presto resa obsoleta dall'avvento della polvere da sparo.
Tipi di catapulta: Le catapulte possono essere classificate secondo il concetto fisico usato per immagazzinare e rilasciare l'energia necessaria alla propulsione del proiettile.
Nomenclatura:
Tensione: le prime catapulte erano tensionali, sviluppate dal gastraphetes (sorta di balestra rudimentale): una parte sotto tensione propelle il braccio che scaglia il proiettile, in maniera molto simile ad una balestra gigante. Un principio utilizzato spesso nelle catapulte medioevali grazie alla sua semplicità di realizzazione.
Torsione: la balista fu la prima catapulta torsionale, che sfruttava l'elasticità di torsione prodotta da fasci di fibre elastiche. A questo fine erano usati tendini, crini e anche capelli. Anche gli onagri, costruiti dai Romani, sfruttavano lo stesso principio. Queste armi avevano un braccio che terminava con una fionda contenente il proiettile. L'altra estremità del braccio era inserita in corde o fibre che venivano torte (nevrobalistica), fornendo al braccio la forza propulsiva. Il sistema torsionale è assai più efficace del sistema tensionale, ma di contro aumenta la complessità del meccanismo.
Trazione: rudimentale sistema di lancio tipico del mangano, che sfrutta la forza di trazione di un gruppo di persone per imprimere forza in un proiettile. Trovò largo impiego nell'Alto medioevo, ma venne successivamente soppiantato o implementato nel sistema a gravitazione.
Gravità: È il sistema utilizzato nel trabucco. In questo caso, il contrappeso in caduta spinge verso il basso un'estremità del braccio, mentre il proiettile viene scagliato da una lunga fionda collegata all'altra estremità, essenzialmente come una fionda collegata ad una gigantesca altalena. In questo congegno può essere utilizzata la trazione umana che affianchi il pesantissimo contrappeso, tramite corde tirate da decine o centinaia di uomini contemporaneamente. Il peso dei proiettili, a seconda del peso del contrappeso e del numero degli addetti alle corde, andava da poche decine di chili fino a ben oltre la tonnellata.
La gittata di queste macchine (a seconda del peso del proiettile) era di circa 300-400 metri per la balista, 200-600 metri nel caso dell'onagro, 100 - 300 metri per la petriera medievale, e 100 - 200 per il mangano e trabocco.
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Il nome deriva dal greco "kata pelta", ovvero "attraverso lo scudo": il pelta è il piccolo scudo di legno e cuoio dei peltasti, schermagliatori greci. Originariamente infatti la catapulta scagliava dardi capaci di trapassare le corazze meno robuste. Con il tempo il termine è passato ad indicare una qualsiasi macchina che scaglia un oggetto, ma con catapulta generalmente ci si riferisce alla macchina da assedio medioevale, il cui nome specifico è onagro. Le catapulte venivano solitamente assemblate sul luogo dell'assedio, e gli eserciti portavano con loro pochi o nessun pezzo di tale macchina, in quanto il legno era solitamente disponibile sul posto.
Le prime catapulte della storia sono le baliste che appaiono nel mondo greco verso la fine dell'epoca classica. Le catapulte aumentarono potenza e gittata nel periodo ellenistico, soprattutto grazie all'introduzione delle catapulte a torsione e al loro perfezionamento. Possiamo seguire il loro sviluppo attraverso la lettura dei trattati sull'argomento scritti da Bitone, Filone di Bisanzio, Erone di Alessandria e altri autori.
Nel periodo imperiale e nella tarda antichità la potenza delle catapulte andò decrescendo, finché se ne abbandonò la costruzione. Nel medioevo fu introdotto il trabucco a contrappeso, ma si trattava di un'arma molto meno efficace delle antiche catapulte a torsione, che d'altra parte fu presto resa obsoleta dall'avvento della polvere da sparo.
Tipi di catapulta: Le catapulte possono essere classificate secondo il concetto fisico usato per immagazzinare e rilasciare l'energia necessaria alla propulsione del proiettile.
Nomenclatura:
Tensione: le prime catapulte erano tensionali, sviluppate dal gastraphetes (sorta di balestra rudimentale): una parte sotto tensione propelle il braccio che scaglia il proiettile, in maniera molto simile ad una balestra gigante. Un principio utilizzato spesso nelle catapulte medioevali grazie alla sua semplicità di realizzazione.
Torsione: la balista fu la prima catapulta torsionale, che sfruttava l'elasticità di torsione prodotta da fasci di fibre elastiche. A questo fine erano usati tendini, crini e anche capelli. Anche gli onagri, costruiti dai Romani, sfruttavano lo stesso principio. Queste armi avevano un braccio che terminava con una fionda contenente il proiettile. L'altra estremità del braccio era inserita in corde o fibre che venivano torte (nevrobalistica), fornendo al braccio la forza propulsiva. Il sistema torsionale è assai più efficace del sistema tensionale, ma di contro aumenta la complessità del meccanismo.
Trazione: rudimentale sistema di lancio tipico del mangano, che sfrutta la forza di trazione di un gruppo di persone per imprimere forza in un proiettile. Trovò largo impiego nell'Alto medioevo, ma venne successivamente soppiantato o implementato nel sistema a gravitazione.
Gravità: È il sistema utilizzato nel trabucco. In questo caso, il contrappeso in caduta spinge verso il basso un'estremità del braccio, mentre il proiettile viene scagliato da una lunga fionda collegata all'altra estremità, essenzialmente come una fionda collegata ad una gigantesca altalena. In questo congegno può essere utilizzata la trazione umana che affianchi il pesantissimo contrappeso, tramite corde tirate da decine o centinaia di uomini contemporaneamente. Il peso dei proiettili, a seconda del peso del contrappeso e del numero degli addetti alle corde, andava da poche decine di chili fino a ben oltre la tonnellata.
La gittata di queste macchine (a seconda del peso del proiettile) era di circa 300-400 metri per la balista, 200-600 metri nel caso dell'onagro, 100 - 300 metri per la petriera medievale, e 100 - 200 per il mangano e trabocco.
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Tipi di balestre
Esistono vari tipi di balestre:
- Balestra a crocco: prendeva tale nome dal gancio appeso alla cintura del balestriere e dalla staffa di cui era fornita la balestra stessa. Il balestriere inseriva il crocco nella corda, il piede nella staffa e sollevandosi tendeva l'arco.
- Balestra da leva: si caricava con la leva, da cui prese il nome. La leva si componeva di un braccio di ferro biforcato verso il mezzo della sua lunghezza, ed all'estremità ripiegato a mezzo cerchio, con uno o due ganci snodati che, afferrata la corda, facendo girare i due rami sui perni di ferro posti ai lati del teniere, traevano ed appiccavano la corda stessa alla tacca della noce. Era anche un'arma dei balestrieri a cavallo, con minori dimensioni e con la leva fissata sul teniere.
- Balestra a martinello: era generalmente una balestra di grosse dimensioni che si caricava con un grosso martinello.
- Balestra a molinello: era così chiamata una balestra di maggiori dimensioni delle altre, e quindi molto potente: per farla funzionare occorrevano vari uomini e per tendere l'arco occorreva un grosso e forte congegno, dal quale appunto l'arma stessa traeva il nome un argano. Era arma da posta e si adoperava a difesa delle mura.
- Balestra a e da staffa: perché si caricava con i crocchi e colla leva, premendo però con il piede su una staffa. Di questa balestra, detta anche balestra manesca, erano armati i balestrieri genovesi.
- Balestra a un piede o a due piedi: quella che si caricava con la forza di uno o di due piedi.
- Balestra a bolzoni: era una balestra che lanciava una freccia chiamata bolzone.
- Balestra a bussola: essa aveva una girella contenuta entro una scatola tonda a modo di bussola.
- Balestra a e da tornio: era la balestra più grossa e non manesca, ed il nome derivava dall'ordigno acconciato all'estremità del teniere per tenderla. Erano balestre grosse da muro, da posta ed erano trasportate a soma.
- Balestra a girella: la balestra che si caricava a mezzo di una rotella scanalata, o carrucola, la quale raccoglieva lo spago che serviva per tirare la corda dell'arco per tenderlo.
- Balestra a piè di capra: il meccanismo per tendere la corda era così chiamato per la sua forma all'estremità divisa in due parti.
- Balestra a ruota d'ingranaggio: si caricava mediante una ruota dentata che spingeva lungo il teniere un'asta dentata da una parte come una sega.
- Balestra a pallottole: lanciava pallottole di piombo.
- Balestra a pistola: fu in uso nel XVI secolo: era una balestra munita anche di una specie di pistola disposta lungo e sotto il teniere, cosicché essa era a doppio uso: pistola o balestra, a secondo se veniva usata voltata di sopra o di sotto.
- Balestra a panca: era così chiamata quella che aveva il fusto rialzato da terra sopra un appoggio a forma di panca.
- Balestra a tagliere: era così chiamata quando il fusto era a foggia di una tavola larga, quasi a guisa di tagliere.
- Balestra a telaro: era così chiamata quando il fusto era costruito alla foggia di un telaro o telaio.
- Balestra cinese a ripetizione: (o Chu-ko-nu) è una balestra che ha una specie di custodia sopra e lungo il teniere o fusto, la quale può fornire successivamente venti frecce in essa custodite, disposte l'una sull'altra.
- Balestra multipla: progettata da Leonardo Da Vinci nel Codice Atlantico, era in grado di scagliare più dardi in direzioni diverse allo stesso tempo, grazie anche alla particolare forma del teniere, che si apriva a ventaglio.
- Balestra lanciagranate: tipo di balestra per lanciare bombe a mano fu in uso per breve tempo sul fronte francese durante la Prima guerra mondiale.
- Balestrino: balestra molto piccola che si tendeva mediante una vite disposta lungo il teniere e messa in moto dal di dentro del calcio. Si poteva portare nascosta, per cui era considerata arma proibita ovunque dai bandi sulle armi, lanciava un cortissimo dardo.
- Balestrone: grossa balestra che si caricava con fortissimo tornio o martinetto, ed aveva un arco di ferro o di acciaio lungo dai quattro ai sei metri. Era arma da posta, sulle mura, come macchina di difesa.
Balestra
La balestra è un'arma da lancio costituita da un arco di legno, corno, o acciaio montato su di una calciatura (fusto) denominata teniere e destinata al lancio di quadrelli, frecce, strali, bolzoni, palle, o dardi. La corda viene bloccata da un meccanismo chiamato noce. Lo scatto avveniva tirando giù un piolo, nei modelli più antichi, o facendo pressione su una sorta di grilletto chiamato chiave. La corda veniva tesa grazie a un meccanismo a gancio chiamato crocco oppure, nei modelli più sofisticati, a un martinetto.Qui di seguito è illustrata una balestra:
La storia: la balestra ha una storia molto antica. È certo comunque che essa fu sviluppata solo dopo l'invenzione dell'arco per aumentarne la potenza e la gittata. Il suo utilizzo inizialmente fu sporadico e non decisivo per l'esito degli scontri in battaglia, forse a causa delle difficoltà tecniche che si incontravano nella sua costruzione e soprattutto a causa dei costi di fabbricazione. I Greci inventarono la balista attorno al 400 a.C. Essa è una sorta di grande balestra, anche se il proietto della balista riceve l'energia dalla torsione di due grandi matasse e non come nella balestra dalla curvatura dell'arco. Inoltre, la balista era atta al lancio di pietre e dardi. In Cina ci sono dei rinvenimenti archeologici di meccanismi di sganciamento in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. e dei documenti scritti cinesi che descrivono l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C.
La balestra in battaglia: l'uso della balestra in Europa (famosi i balestrieri genovesi) continua ininterrottamente dall'epoca classica fino al periodo di maggior popolarità tra l'XI e il XVI secolo, in seguito essa venne abbandonata a favore delle armi da fuoco. Fino alla comparsa delle prime armi da fuoco, la balestra è stata l'arma più devastante che un singolo soldato poteva utilizzare. Infatti, ha un potere di penetrazione tale da forare le armature dei cavalieri. La balestra ha una fase di caricamento più lunga rispetto all'arco, ciò si traduceva nella necessità di assicurarsi un riparo durante la fase di caricamento, però era bilanciato dalla notevole distanza di ingaggio, superiore a quella dell'arco. Proprio per migliorare l'efficacia dei balestrieri in campo aperto, venne introdotto l'uso dei pavesi, grandi scudi di legno dietro cui si proteggevano durante la lenta fase di ricarica. Tali scudi potevano essere assicurati dietro la schiena oppure portati da un addetto, chiamato "palvesario". Furono usate anche grosse balestre montate su carro. La balestra comportò un discreto cambiamento nelle strategie utilizzate in battaglia, l'approccio delle battaglie venne generalmente preceduto dall'intervento dei tiratori che, sfruttando la vasta gittata e potenza delle balestre, prima del corpo a corpo e ripararsi in fretta dietro le vicine linee amiche se caricate da truppe di cavalleria, le cui cavalcature si dimostrarono comunque molto vulnerabili ai proiettili o risultavano più lente se coperte da corazze abbastanza spesse da assicurare un'adeguata protezione all'animale.
Caratteristiche: La maggior parte delle balestre medievali avevano una potenza media di 45 chilogrammi, circa, ma con l'introduzione dell'arco in acciaio, furono costruite balestre in grado di sviluppare una potenza di oltre 500 chilogrammi con una gittata utile di oltre 450 metri.
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La storia: la balestra ha una storia molto antica. È certo comunque che essa fu sviluppata solo dopo l'invenzione dell'arco per aumentarne la potenza e la gittata. Il suo utilizzo inizialmente fu sporadico e non decisivo per l'esito degli scontri in battaglia, forse a causa delle difficoltà tecniche che si incontravano nella sua costruzione e soprattutto a causa dei costi di fabbricazione. I Greci inventarono la balista attorno al 400 a.C. Essa è una sorta di grande balestra, anche se il proietto della balista riceve l'energia dalla torsione di due grandi matasse e non come nella balestra dalla curvatura dell'arco. Inoltre, la balista era atta al lancio di pietre e dardi. In Cina ci sono dei rinvenimenti archeologici di meccanismi di sganciamento in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. e dei documenti scritti cinesi che descrivono l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C.
La balestra in battaglia: l'uso della balestra in Europa (famosi i balestrieri genovesi) continua ininterrottamente dall'epoca classica fino al periodo di maggior popolarità tra l'XI e il XVI secolo, in seguito essa venne abbandonata a favore delle armi da fuoco. Fino alla comparsa delle prime armi da fuoco, la balestra è stata l'arma più devastante che un singolo soldato poteva utilizzare. Infatti, ha un potere di penetrazione tale da forare le armature dei cavalieri. La balestra ha una fase di caricamento più lunga rispetto all'arco, ciò si traduceva nella necessità di assicurarsi un riparo durante la fase di caricamento, però era bilanciato dalla notevole distanza di ingaggio, superiore a quella dell'arco. Proprio per migliorare l'efficacia dei balestrieri in campo aperto, venne introdotto l'uso dei pavesi, grandi scudi di legno dietro cui si proteggevano durante la lenta fase di ricarica. Tali scudi potevano essere assicurati dietro la schiena oppure portati da un addetto, chiamato "palvesario". Furono usate anche grosse balestre montate su carro. La balestra comportò un discreto cambiamento nelle strategie utilizzate in battaglia, l'approccio delle battaglie venne generalmente preceduto dall'intervento dei tiratori che, sfruttando la vasta gittata e potenza delle balestre, prima del corpo a corpo e ripararsi in fretta dietro le vicine linee amiche se caricate da truppe di cavalleria, le cui cavalcature si dimostrarono comunque molto vulnerabili ai proiettili o risultavano più lente se coperte da corazze abbastanza spesse da assicurare un'adeguata protezione all'animale.
Caratteristiche: La maggior parte delle balestre medievali avevano una potenza media di 45 chilogrammi, circa, ma con l'introduzione dell'arco in acciaio, furono costruite balestre in grado di sviluppare una potenza di oltre 500 chilogrammi con una gittata utile di oltre 450 metri.
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Arco
L'arco è uno strumento da lancio, è costituito da un elemento flessibile le cui estremità sono collegate da una corda tesa che ha la funzione di imprimere il movimento ad un proiettile, chiamato freccia. Utilizzato come arma da caccia e da battaglia soprattutto nell'antichità.
L'invenzione dell'arco risale a circa 11.000 anni fa.
Utilizzo:
1) La freccia viene assicurata alla corda grazie ad un elemento apposito, la cocca, che tuttavia lascerà la freccia stessa libera di sganciarsi al momento del rilascio. Lo stelo della freccia è appoggiato all'arco, che si trova all'incirca nel suo punto mediano.
2) La corda viene allontanata dall'arco per quanto lo consente la lunghezza della freccia o l'allungo dell'arciere. Così facendo, l'arco accumula Energia Elastica Potenziale, grazie alla deformazione elastica dei flettenti.
3) La corda viene rilasciata, permettendo all'arco di riprendere la forma originale e di riportare la corda violentemente verso l'arco stesso. In questo modo, l'Energia Elastica Potenziale, trasformata in Energia Cinetica a parte una certa dissipazione dovuta ad attriti ed isteresi, è ora trasferita alla freccia, alla quale è impresso un moto rettilineo che la proietta in avanti verso il bersaglio. Le dissipazioni di energia si notano soprattutto nelle vibrazioni, susseguenti al tiro, che percorrono tutto l'arco e la corda.
Classificazione: Gli archi si possono distinguere nelle seguenti categorie, in base alla forma e al particolare tipo di funzionamento che li costituiscono:
Materiali: Tra i materiali utilizzati dall'antichità ai giorni nostri troviamo il legno di tasso (utilizzato soprattutto in Europa) e, in tempi più recenti, materiali metallici per le parti statiche (alluminio forgiato/fresato), in abbinamento a materiali sintetici/polimerici tra cui fibra di vetro e fibra di carbonio per le parti flettenti.
Anche le corde hanno subito miglioramenti: si è passato da fibre naturali come lino, tendini o capelli di donna al dacron, fino ad arrivare al moderno Fast Flight, che ha una resistenza e rigidità superiore ai cavi d'acciaio.
Terminologia:
Allungo: è la distanza dal punto di perno (incavo dell'impugnatura dell'arco) al punto di incocco (punto sulla corda che ospita la cocca della freccia), misurata nel momento in cui l'arciere raggiunge, nell'esecuzione del gesto, il massimo della trazione.
Brace height: distanza arco-corda, ossia la distanza che intercorre tra il punto di perno e la corda, se si aumenta si incrementa la stabilità a discapito della potenza.
Tiller: differenza tra la distanza corda-flettente superiore e corda-flettente inferiore. Determina il bilanciamento dinamico dell'arco compensando la maggiore sollecitazione del flettente inferiore (la freccia, per ovvie ragioni, deve passare al di sopra dell'punto di simmetria dell'arco, ovvero l'impugnatura)
Potenza o libbraggio: espressa in libbre (1 libbra = 453,5 grammi) equivale allo sforzo necessario per tendere l'arco ad un allungo di 26 pollici e 1/4 (1 pollice = 2,54 centimetri). Tale allungo viene per convenzione (norme AMO) denominato 28" (28 pollici). Il simbolo che identifica il libbraggio è #.
Lunghezza dell'arco: si misura in pollici ed è la dimensione dello sviluppo dell'arco (va misurata seguendone le curve, se presenti).
Lunghezza della corda: dipende dalla lunghezza dell'arco ma anche dalla sua forma (un longbow di 68 pollici avrà una corda più lunga di un arco ricurvo di 68 pollici).
let-off: percentuale di riduzion del carico di picco in trazione che si verifica sugli archi compound per merito delle carrucole.
Tradizioni e innovazioni: Gli archi sono costruiti in modo diverso per cultura o zona.
Oltre al tradizionale arco corto di legno attribuito ai greci, esistono i famosi archi lunghi chiamati Longbow in dotazione degli arcieri gallesi prima e inglesi poi.
Nella cultura Giapponese, l'uso dell'arco Yumi è anche un esercizio di meditazione e viene insegnato in scuole "Dojo" con il nome di Kyudo (via dell'arco).
In Ungheria continua ancora la leggenda degli Unni, arcieri a cavallo, famosi per l'ineguagliabile destrezza e rapidità di esecuzione tanto da essere giunti a riuscire a scagliare 12 frecce in 17 secondi a bersagli in movimento (record del mondo detenuto da Lajos Kassai). Di ultima progettazione l'Arco compound che sfrutta un sistema di leve ad eccentrici che ottimizza la curva di trazione.
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L'invenzione dell'arco risale a circa 11.000 anni fa.
Utilizzo:
1) La freccia viene assicurata alla corda grazie ad un elemento apposito, la cocca, che tuttavia lascerà la freccia stessa libera di sganciarsi al momento del rilascio. Lo stelo della freccia è appoggiato all'arco, che si trova all'incirca nel suo punto mediano.
2) La corda viene allontanata dall'arco per quanto lo consente la lunghezza della freccia o l'allungo dell'arciere. Così facendo, l'arco accumula Energia Elastica Potenziale, grazie alla deformazione elastica dei flettenti.
3) La corda viene rilasciata, permettendo all'arco di riprendere la forma originale e di riportare la corda violentemente verso l'arco stesso. In questo modo, l'Energia Elastica Potenziale, trasformata in Energia Cinetica a parte una certa dissipazione dovuta ad attriti ed isteresi, è ora trasferita alla freccia, alla quale è impresso un moto rettilineo che la proietta in avanti verso il bersaglio. Le dissipazioni di energia si notano soprattutto nelle vibrazioni, susseguenti al tiro, che percorrono tutto l'arco e la corda.
Classificazione: Gli archi si possono distinguere nelle seguenti categorie, in base alla forma e al particolare tipo di funzionamento che li costituiscono:
- Longbow o arco lungo: arco gallese (celebre è quello di Robin Hood) originariamente utilizzato dalle popolazioni nordiche vichinghe, ha flettenti stretti e molto lunghi; il riser costituisce la sola impugnatura, con un piccola finestra (rest). Originariamente fabbricato da un unico ramo di legno, ora anche laminato ma sempre monolitico, quando è scaricato dalla corda, a riposo, assume la forma di un'asta lunga e dritta.
- Arco ricurvo: il riser è lungo circa 1/3 di tutta la lunghezza dell'arco, i flettenti sono più corti rispetto a quelli del longbow ma sono più larghi. Il profilo dei flettenti con controcurvatura garantisce un rendimento maggiore rispetto ad un arco lungo di pari libbraggio. Nei ricurvi moderni i flettenti sono spesso smontabili (arco take down). La maggior massa del riser conferisce maggiore stabilità durante la fase di rilascio e quindi maggior precisione. Dall'arco ricurvo sono derivati i moderni archi "olimpici".
- Arco riflesso: diffusissimo in oriente, ha un'impugnatura corta come il longbow, con cui condivide anche la sezione dei flettenti. Si differenzia per il fatto che questi ultimi sono composti da lamine di corno, il tutto resinato e ricoperto da tendine animale. Inoltre, ha una forma tale che permette di caricare i flettenti notevolmente, in misura maggiore rispetto agli archi di legno. Una volta "scaricato" dalla corda, ovvero a riposo, assume una caratteristica forma a "C".
- Arco compound: arco molto potente e preciso che si basa su flettenti semirigidi associati ad un sistema di leve ad eccentrici (camme).
Anche le corde hanno subito miglioramenti: si è passato da fibre naturali come lino, tendini o capelli di donna al dacron, fino ad arrivare al moderno Fast Flight, che ha una resistenza e rigidità superiore ai cavi d'acciaio.
Terminologia:
Allungo: è la distanza dal punto di perno (incavo dell'impugnatura dell'arco) al punto di incocco (punto sulla corda che ospita la cocca della freccia), misurata nel momento in cui l'arciere raggiunge, nell'esecuzione del gesto, il massimo della trazione.
Brace height: distanza arco-corda, ossia la distanza che intercorre tra il punto di perno e la corda, se si aumenta si incrementa la stabilità a discapito della potenza.
Tiller: differenza tra la distanza corda-flettente superiore e corda-flettente inferiore. Determina il bilanciamento dinamico dell'arco compensando la maggiore sollecitazione del flettente inferiore (la freccia, per ovvie ragioni, deve passare al di sopra dell'punto di simmetria dell'arco, ovvero l'impugnatura)
Potenza o libbraggio: espressa in libbre (1 libbra = 453,5 grammi) equivale allo sforzo necessario per tendere l'arco ad un allungo di 26 pollici e 1/4 (1 pollice = 2,54 centimetri). Tale allungo viene per convenzione (norme AMO) denominato 28" (28 pollici). Il simbolo che identifica il libbraggio è #.
Lunghezza dell'arco: si misura in pollici ed è la dimensione dello sviluppo dell'arco (va misurata seguendone le curve, se presenti).
Lunghezza della corda: dipende dalla lunghezza dell'arco ma anche dalla sua forma (un longbow di 68 pollici avrà una corda più lunga di un arco ricurvo di 68 pollici).
let-off: percentuale di riduzion del carico di picco in trazione che si verifica sugli archi compound per merito delle carrucole.
Tradizioni e innovazioni: Gli archi sono costruiti in modo diverso per cultura o zona.
Oltre al tradizionale arco corto di legno attribuito ai greci, esistono i famosi archi lunghi chiamati Longbow in dotazione degli arcieri gallesi prima e inglesi poi.
Nella cultura Giapponese, l'uso dell'arco Yumi è anche un esercizio di meditazione e viene insegnato in scuole "Dojo" con il nome di Kyudo (via dell'arco).
In Ungheria continua ancora la leggenda degli Unni, arcieri a cavallo, famosi per l'ineguagliabile destrezza e rapidità di esecuzione tanto da essere giunti a riuscire a scagliare 12 frecce in 17 secondi a bersagli in movimento (record del mondo detenuto da Lajos Kassai). Di ultima progettazione l'Arco compound che sfrutta un sistema di leve ad eccentrici che ottimizza la curva di trazione.
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Tipi di mazze
Esitono vari tipi di mazze in base al periodo di sviluppo e alle loro caratteristiche:
1) Arma "povera" del Medioevo europeo, sviluppata dai laboratores inserendo nella testa del randello dei chiodi, poi raffinata dalle milizie del comune medievale, in forme meno rudimentali come la Stella del Mattino ed il Goedendag. Le mazze utilizzate nella Prima Guerra Mondiale rientrano in questa categoria.
2) Evoluzione della mazza ferrata ottenuta aggiungendo borchie e chiodi sulla testa metallica dell'arma.
Per Mazza d'armi s'intende invece qualsiasi tipologia di mazza (ferrata, chiodata, flangiata ecc.), da utilizzarsi nella mischia tra cavalieri in un contesto in cui le armature altamente sviluppate rendono il colpo di spada non più risolutivo.
Fatte salve le specifiche di cui sopra, la Mazza orientale si differenzia poi dalle mazze in uso in Europa per la raffinatezza costruttoria e la presenza, di accorgimenti tecnici normalmente tipici della spada, quali guardia, para-mano, pomolo ecc.
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- Clava: corto randello con una estremità, "testa", più massiccia. Archetipo della mazza, tipico delle popolazioni della preistoria o, comunque, tecnologicamente poco sviluppate.
- Mazza: clava irrobustita dall'aggiunta di inserti in pietra che rendano l'impatto della "testa" efficace nonostante il ricorso ad un astile ligneo più maneggevole e leggero rispetto a quello della clava primitiva.
- Mazza ferrata: mazza irrobustita da componenti in metallo (bronzo o ferro) e non più in pietra.
- Mazza chiodata: due tipologie ben distinte di armi:
1) Arma "povera" del Medioevo europeo, sviluppata dai laboratores inserendo nella testa del randello dei chiodi, poi raffinata dalle milizie del comune medievale, in forme meno rudimentali come la Stella del Mattino ed il Goedendag. Le mazze utilizzate nella Prima Guerra Mondiale rientrano in questa categoria.
2) Evoluzione della mazza ferrata ottenuta aggiungendo borchie e chiodi sulla testa metallica dell'arma.
- Mazza flangiata: mazza ferrata con testa composta da flange metalliche disposte radialmente rispetto alla gorbia. Il modello si sviluppò contemporaneamente in Medio Oriente (Persia) ed in Europa.
- Mazza gotica: mazza flangiata con corpo e testa interamente in metallo.
- Mazza pesante: evoluzione della mazza gotica, volta a garantire un colpo debilitante contro un avversario protetto dalla pesante armatura a piastre.
Qui sotto sono illustrati vari schizzi di mazze:
Per Mazza d'armi s'intende invece qualsiasi tipologia di mazza (ferrata, chiodata, flangiata ecc.), da utilizzarsi nella mischia tra cavalieri in un contesto in cui le armature altamente sviluppate rendono il colpo di spada non più risolutivo.
Fatte salve le specifiche di cui sopra, la Mazza orientale si differenzia poi dalle mazze in uso in Europa per la raffinatezza costruttoria e la presenza, di accorgimenti tecnici normalmente tipici della spada, quali guardia, para-mano, pomolo ecc.
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